Editoriale

Il sonno delle donne, a cosa prestare attenzione

Il sonno delle donne, a cosa prestare attenzione

Intervista a Francesca Vitali, Università di Verona e Componente del Comitato Scientifico Dorelan Research

L’insonnia spesso è un problema transitorio e riguarda fasi della vita caratterizzate da forti emozioni e stress, quando non sono presenti patologie che possono influire sul riposo. E sono soprattutto le donne a soffrirne, principalmente a causa della componente ormonale che influisce nelle diverse fasi della vita femminile.  Ne abbiamo parlato con Francesca Vitali, docente dell’Università di Verona.Intervista a Francesca Vitali, Università di Verona e Componente del Comitato Scientifico Dorelan Research.

1. La maggioranza delle donne lamenta di avere un sonno leggero. Tra le cause potrebbe esserci il loro innato senso di vigilanza (anche notturna) per sincerarsi che nell’ambiente domestico sia tutto tranquillo?

Uomini e donne dormono in modo diverso. Eppure, poiché il sonno è un comportamento conservativo altamente evoluto, il fatto che donne e uomini dormano in modo diverso potrebbe non essere immediatamente evidente per molti, ma è così. Sebbene si sappia molto sui meccanismi che guidano il sonno, la ragione di queste differenze di genere nel sonno e nei comportamenti ad esso associati è in gran parte ancora sconosciuta e poco studiata (Mong e Cusmano, 2016). Tuttavia, una crescente attenzione alle differenze di genere nei disturbi del sonno e del suo ritmo si sta registrando negli ultimi anni. Le donne, in genere, riferiscono una qualità di sonno più scadente e un sonno più disturbato nelle varie fasi della vita rispetto agli uomini. Considerati i rischi per la salute e il benessere psicofisico che derivano dai disturbi del sonno, il fatto che in genere le donne non abbiano un sonno di qualità può essere considerato un problema di salute pubblica (Cappuccio et al., 2007; Kristal et al., 2004) a cui andrebbe indirizzata una specifica attenzione. Per esempio, studi svolti in diversi Paesi indicano una maggiore prevalenza dell’insonnia nelle donne rispetto agli uomini di pari età: questo sembra essere un fenomeno globale (per una rassegna: Grewal e Doghramji, 2010), che suggerisce come la mancanza di sonno e la presenza di un sonno di scarsa qualità debba essere in modo significativo collegato alla specifica fisiologia della donna e alla sua diversa evoluzione.

2. Quanto influiscono i fisiologici sbalzi ormonali femminili sul ciclo circadiano e di conseguenza sulla qualità del sonno?

I risultati di studi clinici e molte ricerche associano fortemente la maggiore presenza di disturbi del sonno ai fattori biochimici e fisiologici che caratterizzano il diverso profilo ormonale di donne e uomini, ed in particolare agli ormoni sessuali steroidi (in particolare, estradiolo e progesterone), che modulano il sonno in modo diverso per le donne rispetto agli uomini. Infatti, i cambiamenti nella produzione di steroidi ovarici, come quelli che si verificano durante la pubertà e la transizione della menopausa, sono marcatamente associati ad una maggiore prevalenza di insonnia e di sonno di scarsa qualità rispetto agli uomini di pari età (Mitchell e Woods, 1996; Camhi et al., 2000; Johnson et al, 2006; Owens e Matthews, 1998). L'insorgenza di insonnia in ragazze e donne è fortemente associata ad un rischio di depressione doppiamente maggiore (Kristal et al., 2004). Come l'insonnia, l'aumento del rischio di depressione e di disturbi affettivi nelle donne emerge al momento della pubertà ed è legato alle fluttuazioni steroidee ovariche (Camhi et al., 2000; Johnson et al, 2006). Se sappiamo che gli ormoni steroidi ovarici sono fattori di rischio per i disturbi del sonno e di depressione maggiori per le donne rispetto agli uomini, ancora oggi però la relazione tra questi fattori è poco conosciuta. Nelle donne, i disturbi del sonno coincidono tipicamente con periodi di fluttuazione degli steroidi ovarici come la pubertà, il ciclo mestruale, la gravidanza e la transizione alla menopausa e questi risultati sono stati ampiamente confermati dalla letteratura scientifica (Lord et al., 2014; Baker e Driver, 2007; Moline et al., 2004).

3. Quali sono i sintomi da non sottovalutare per capire se si dorme male o troppo poco?

I sintomi legati ai disturbi del sonno sono stati classificati dall’Accademia americana di medicina del sonno su tre livelli: quelli primari, che coinvolgono difficoltà del sonno, insonnia vera e propria e presenza di sonnolenza diurna che è un indicatore di scarsa qualità del riposo notturno; quelli secondari, che si possono manifestare con deficit di attenzione e concentrazione e riduzione delle prestazioni cognitive, ma anche ridotta vigilanza, aumento dei disturbi dell’umore (in particolare, dei sintomi depressivi e ansiosi) e aumento dell’irritabilità; infine, le patologie del sonno vere e proprie che si possono associare anche a disturbi del sonno, come le patologie cardiovascolari, quelle metaboliche (come il diabete) e le neurodegenerative (in particolare, l’Alzheimer).

Di solito ci sono sintomi primari abbastanza chiari legati alla mancanza di sonno o di un sonno di scarsa qualità, come la sonnolenza diurna, lo sbadiglio continuo, la sensazione di avere la necessità di fare un pisolino durante la giornata, o ancora il fatto di alzarsi da letto al mattino con estrema fatica; fra quelli secondari, possiamo citare il calo attentivo generale, la sensazione di avere meno capacità di memoria, la difficoltà di prendere decisioni anche semplici, ma anche l’umore ballerino e il fatto di sentirsi irritabili, scontrosi e tristi anche senza motivo e il fatto di essere più maldestri o di avere un passo meno sicuro.

4. Come cambia il sonno in gravidanza? E a cosa bisogna prestare attenzione?

Durante la gravidanza, le donne sperimentano significativi cambiamenti nel sonno; tuttavia, è difficile analizzare e distinguere gli effetti diretti dei cambiamenti ormonali da quelli causati dai fisiologici cambiamenti dovuti alla gravidanza stessa, come le diverse fasi di crescita e di sviluppo del feto. Già nel primo trimestre della gravidanza, le donne tendono a sperimentare maggiore affaticamento e segnalano spesso una scarsa qualità del sonno e irrequietezza nel dormire. Gli studi indicano che in genere all’inizio della gravidanza il sonno totale aumenta ma che poi diminuisce nel corso della gestazione (Lee, 1998). Con il progredire della gravidanza, infatti, i disturbi del sonno tendono ad aumentare in associazione con la crescita e l’aumento dei movimenti del feto, con difficoltà a digerire, l’insorgere di crampi o prurito, con il frequente stimolo ad urinare e, non di rado, a causa delle preoccupazioni della futura mamma che normalmente insorgono con l’avvicinarsi del parto. Un ulteriore disturbo frequente in gravidanza è la cosiddetta “sindrome delle gambe senza riposo”, caratterizzata da fastidi e formicolii dal ginocchio in giù, che si placano solo muovendo gli arti. Recentemente è stato appurato che tale sindrome sia correlata ad una mancanza di ferro o acido folico. Inoltre, la maggior parte delle donne in gravidanza lamenta l’impossibilità di trovare una posizione comoda nel letto, soprattutto per coloro che erano abituate a dormire prone, ovvero a pancia in giù. Durante la gravidanza, inoltre, è stata evidenziata un’alterazione nella struttura del sonno. Nel primo e secondo trimestre il sonno REM diminuisce a causa degli estrogeni, fino a che, quasi a termine della gravidanza, la futura mamma tende a svegliarsi più volte durante la notte. Una delle ipotesi è che questo sia un processo di adattamento messo in atto affinché possa abituarsi gradualmente ai risvegli che dovrà affrontare in allattamento.

Per riuscire a riposare bene in gravidanza può essere utile regolarizzare il ritmo sonno-veglia, andando a dormire ed alzandosi più o meno alla stessa ora ed evitare di usare la camera da letto per guardare la televisione, lavorare o studiare, ma associarla esclusivamente al risposo ed al relax. Se non si riuscisse a dormire, sarebbe meglio non rimanere sdraiate a letto, ma alzarsi e distrarsi leggendo un libro. Svolgere una moderata attività fisica durante la giornata, evitando le ore serali, può contribuire al benessere e alla qualità del sonno. Anche mangiare ad orari regolari, almeno tre ore prima di andare a letto, pasti non troppo abbondanti soprattutto a cena è una buona abitudine. Inoltre, è utile limitare l'assunzione di sostanze eccitanti (come caffeina, teina, cioccolato) e può rivelarsi

5. Perché in pre-menopausa e menopausa si manifestano più frequentemente episodi di insonnia? Come ci possiamo aiutare?

La transizione verso la menopausa è caratterizzata da fluttuazioni mestruali irregolari e da un possbile calo degli estrogeni (per una rassegna: Harlow et al., 2012). L’abbassamento della qualità del sonno è uno dei sintomi più comuni della transizione alla menopausa, segnalato dal 33-51% delle donne (Polo-Kantola, 2008). Numerosi studi hanno confermato che la percezione di un sonno più scarso e disturbato aumenta durante la peri-menopausa o pre-menopausa (Kravitz et al., 2008; Lampio et al., 2014; Berecki-Gisolf et al., 2009; Kravitz e Joffe, 2011; Woods e Mitchell, 2010). Tuttavia, le misure oggettive del sonno non riflettono questo peggioramento che risulterebbe essere soltanto percepito (Sharkey et al., 2003; Shaver et al., 1988; Young et al., 2003). Comprendere tale discordanza tra disturbi soggettivi percepiti e dati oggettivi del sonno nelle donne in pre e post-menopausa rimane ancora oggi una lacuna significativa nelle nostre conoscenze. La misura in cui il sonno è disturbato durante la menopausa può dipendere anche dalla gravità dei sintomi stessi legati a questa transizione. Per esempio, le vampate di calore colpiscono il 75-85% delle donne durante la transizione della menopausa e sono associate a disturbi del sonno (Kravitz et al., 2008; Woods e Mitchell, 2010). Tuttavia, l'esatta relazione tra vampate di calore e disturbi del sonno rimane controversa.

È stato riportato che la terapia ormonale possa migliorare la qualità del sonno, implicando nuovamente il ruolo degli ormoni steroidi ovarici ed in particolare degli estrogeni nella regolarizzazione del sonno (per una rassegna: Polo-Kantola, 2011).

6. Gli ultimi due anni segnati dalla pandemia da Covid-19 hanno causato in tantissime persone stati di depressione e insonnia. Ritiene che le donne ne abbiano sofferto maggiormente?

La prolungata situazione emergenziale dovuta alla pandemia da Covid-19 in Italia ha profondamente modificato le abitudini quotidiane di tanti di noi, imponendoci di rispettare il “distanziamento fisico e sociale”. Il confinamento domiciliare o cosiddetto lockdown, pur essendo stato una misura di sicurezza per evitare la trasmissione del virus, ha avuto conseguenze negative non intenzionali, che hanno avuto un impatto dannoso sul benessere individuale colpendo, però, in particolare le donne e le giovani. Per esempio, Rossi e collaboratori (2020) hanno evidenziato sintomi di ansia, depressione, stress e disturbi del sonno in risposta alla pandemia all'interno della popolazione generale, ma hanno trovato tassi più elevati di ansia e depressione nelle donne ed in particolare fra le studentesse e le giovani donne adulte. Ancora, Delmastro e Zamariola (2020) hanno valutato un campione enorme pari a 18.147 individui italiani e hanno riscontrato livelli elevati di sintomi di stress post-traumatico (37,14%), depressione (17,3%), ansia (20,8%), stress percepito (21,9%) e disturbi del sonno (7,3%), ancora una volta registrando come le donne esprimessero un impatto maggiore e più negativo sulla loro salute mentale. Ricerche simili (Forte et al, 2020; Mazza et al., 2020) hanno rivelato che essere più giovani, studenti e donne fosse associato ad un maggiore impatto psicologico legato alla pandemia da Covid-19 in termini di ansia, depressione, angoscia e disturbi del sonno. Una assegna molto recente (Viner et al., 2022) ha preso in esame 36 studi, pubblicati tra febbraio e luglio 2020, che analizzano gli effetti tra bambini e adolescenti della chiusura delle scuole e del lockdown durante la prima ondata di Covid-19 in undici Paesi, tra cui l'Italia. I lockdown sociali (cioè legati alla chiusura delle scuole e delle attività sportive) sono stati associati a sintomi di salute mentale avversi (come angoscia e ansia) (Segre et al., 2020) e, in Italia, un adolescente italiano su quattro ha mostrato sintomi clinici depressivi, e uno su cinque sintomi di disturbo d'ansia (Pietrobelli et al., 2020), ancora una volta con un rischio più alto per le ragazze rispetto ai ragazzi. Uno studio italiano (Di Giorgio et al, 2021) non ha riportato cambiamenti nella durata o nella qualità del sonno delle bambine e dei bambini; tuttavia, da un confronto pre-post su bambine e bambini in età prescolare italiani è stata riscontrata una diminuzione della durata del sonno all'inizio del primo lockdown (Dellagiulia et al., 2020) e uno studio trasversale italiano ha rilevato che il 61% (50 su 82) delle bambine e dei bambini ha segnalato difficoltà ad addormentarsi e un sonno frammentato (Segre et al., 2020). Un altro elemento che ha sostanzialmente contribuito a sconvolgere il benessere delle persone durante la prima ondata di Covid-19 sono state le minori possibilità di praticare attività fisica e sport, con un aumento dei comportamenti sedentari e del tempo davanti allo schermo (Pietrobelli et al., 2020). Studi recenti (Chen et al., 2020; Amekran et al., 2021; Füzéki et al., 2020) hanno sottolineato una forte motivazione sanitaria per continuare l'attività fisica mentre si prendono precauzioni.

Oltre che sulla popolazione generale, i lockdown hanno pesato anche sugli atleti italiani che hanno visto interrompere gli allenamenti, i tornei e le massime competizioni (si pensi al rinvio di un anno dei Giochi Olimpici estivi di Tokyo 2020). Di Fronso e collaboratori (2020) hanno valutato 1.132 atlete e atleti italiani confrontando lo stress percepito e gli stati psicobiosociali e funzionali/disfunzionali durante l'inizio della prima ondata di Covid-19 e confrontando questi punteggi con i dati raccolti prima della pandemia. Sono state osservate differenze per genere, oltre che per tipo di sport (sport individuale vs. di squadra) e livello competitivo (atleti esperti vs. principianti).

Coerentemente con la popolazione italiana generale, le atlete hanno mostrato punteggi di stress percepito e di stati psicobiosociali disfunzionali più elevati rispetto agli atleti maschi, nonché punteggi di stati psicobiosociali funzionali inferiori. Gli atleti esperti hanno riportato uno stress percepito inferiore e punteggi di stati psicobiosociali funzionali più elevati rispetto agli atleti principianti, mentre non sono emerse differenze significative tra gli atleti che praticano sport individuali o di squadra. Di Cagno e collaboratori (2020) hanno esaminato le differenze per genere, tipo di sport (es. individuo vs. squadra) e livello competitivo (elite vs. amatoriale) in 1.508 atleti italiani adulti. I risultati anche in questo caso hanno mostrato differenze significative tra i generi per lo stress percepito e il comportamento di evitamento, con punteggi più alti nelle atlete. Considerando gli sport individuali e di squadra, sono state riscontrate differenze significative nell'angoscia e nell'ipereccitazione, con risultati più elevati negli atleti di sport individuali. A maggio 2020, dopo due mesi di blocco nazionale, è stato consentito di riprendere sia le competizioni sia i tornei di sport di squadra d'élite e di base. Guicciardi e Pazzona (2020) hanno condotto un'indagine nella fase iniziale di riavvio delle attività motorie e sportive dopo il primo lockdown in Italia (inizio maggio 2020), per esaminare come le persone abbiano risposto alle nuove regole. I partecipanti erano atlete e atleti dilettanti che hanno completato questionari per valutare la qualità del sonno, l'autoefficacia, l'ottimismo, gli stati dell’umore e la resilienza. Nelle attività fisiche e negli sport all'aperto, le donne più giovani hanno mostrato una minore autoefficacia rispetto alle donne anziane, mentre gli uomini più giovani hanno manifestato una maggiore autoefficacia rispetto agli uomini più anziani. Inoltre, i partecipanti più giovani hanno mostrato più disturbi del sonno, confusione, depressione, rabbia e meno vigore e forza mentale rispetto ai partecipanti più anziani.